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Del prof. Salvatore Sicuro
Com’è noto al vasto pubblico in Grecia, esistono nell’Italia meridionale due aree ellenofone, una nella Calabria meridionale e una nel Salento (Puglia meridionale), in cui sopravvivono idiomi greci che, secondo i glottologi italiani che se ne sono occupati, devono la loro origine alla presenza bizantina in Italia conseguente alla guerra gotica voluta dall’imperatore Giustiniano. Invece, secondo l’illustre glottologo tedesco Gerhard Rohlfs e gli studiosi greci, primo fra tutti il cretese Gheorghios Chatsidakis, tale presenza, tuttora viva, risale alla colonizzazione dell’antica Magna Grecia. Strabone, padre della geografia, riprendendo quanto scritto cinque secoli prima da Erodoto, padre della storia (VII, 170), riferisce che si riteneva che gli abitanti del Salento fossero discendenti di coloni cretesi (VI, 3, 5). Molti sono gli elementi fonetici, morfologici e lessicali comuni al dialetto cretese e al dialetto grecosalentino, ma non è questo l’argomento che mi propongo di trattare.
Poiché sono nato e vivo nel Salento e poiché me lo impone il tema centrale di questo congresso, limiterò il mio intervento all’azione di sostegno che nel Salento è stata ed è tuttora condotta in favore della nostra grecità che in ogni caso ha origini millenarie. Che la nostra lingua grika fosse minacciata di estinzione, era già stato segnalato, oltre un secolo fa, dal grande ellenista di Calimera, Vito Domenico Palumbo (1854-1918), il quale sui periodici salentini e nazionali del suo tempo sollevò il problema d’interesse storico e culturale che la nostra lingua rappresentava e si adoperò con molto coraggio, ma non con altrettanto successo, per ottenerne la tutela da parte delle istituzioni.
Foto gruppo Congresso di CoriglianoUn episodio che forse vi farà sorridere, ma che è indicativo dell’animosità con cui si affrontavano le polemiche sulla stampa, è costituito dal duello che impegnò il Palumbo, sfidante, e un giornalista barese, tal Quintino Napoli. Lo scontro avvenne alle 5 del pomeriggio in luogo lontano dall’abitato, con l’assistenza dei rispettivi padrini e di due medici, nel pieno rispetto della procedura cavalleresca che tante volte ci è capitato di leggere nei “Tre Moschettieri” di Alessandro Dumas, padre, e in altri romanzi suoi e di altri autori a lui contemporanei. Il Palumbo ferì il Napoli più volte, perciò al decimo assalto i padrini interruppero il duello, i medici constatarono che il sangue era stato versato; il Palumbo si dichiarò soddisfatto dalle scuse pronunciate dal Napoli e la vicenda si concluse così nel pieno rispetto del codice cavalleresco. Un’altra vicenda che non provocò un duello, ma solo una ritrattazione e pubbliche scuse pubblicate sui giornali, fu quella che impegnò il Palumbo e tal Tommaso Rubino, il quale sul primo numero de “La Provincia di Lecce” dell’anno 1900 aveva definito i paesi greco-salentini “depositari del bastardo linguaggio degli iloti ellenici”. Il Palumbo rispose dalle colonne del “Risorgimento”, settimanale leccese pubblicato dal 1876 fino al 1914, ricordandogli che “la lingua degli iloti era pure la lingua di Tirteo e di Omero, di Sofocle e di Platone, di Aristotele e di Demostene”, che essa non era bastarda e che, in fondo, nello stesso Rubino, che era originario di Latiano (Brindisi), scorreva qualche fiotto di sangue greco. Chi volesse farsi un’idea più completa della personalità dell’illustre calimerese e del clima poetico che il suo esempio destò a Calimera e nella Grecìa Salentina, dovrebbe consultare la prima edizione di “Calimera e i suoi traùdia” (Calimera e i suoi canti), raccolti da Giannino Aprile e pubblicati a cura di Anastasios Karanastasis, l’autore della monumentale opera “Istorikòn Lexikòn ton Ellinikòn Idiomaton tis Kato Italìa”.
Una sensibilità tipicamente cretese quella del Palumbo il quale, oltre che uomo dal carattere focoso, era soprattutto un fine poeta e un letterato erudito e profondo. Per dimostrare con le opere le capacità espressive della nostra lingua, egli tradusse in griko passi di Dante Alighieri (Tanto gentile e tanto onesta pare), un canto boemo dal titolo “L’orfanella”, poesie di Heinrich Heine, di Giosué Carducci, il poemetto “Il corvo” di Edgar Allan Poe. Compose un’intera raccolta di poesie, pubblicate poi da Paolo Stomeo col titolo “Roda ce kattia” (Rose e spine), raccolse i canti popolari della Grecìa Salentina dei quali io ho curato recentemente la pubblicazione col titolo “Itela na su po’….” e le fiabe e i racconti di Calimera, pubblicati a cura di Salvatore Tommasi col titolo “Io’ mia forà….”.
E’ stato proprio l’esempio della vita e dell’opera di Vito Domenico Palumbo ad animare quanti nella Grecìa Salentina hanno operato e operano per affermare la vitalità della nostra lingua e della nostra cultura greca. E’ da molti considerato un miracolo il fatto che una piccola comunità di nove paesi abbia saputo non solo conservare per secoli e millenni la nostra lingua greca così ricca di arcaismi, ma che abbia anche creato negli ultimi cento anni, quando tutti ne annunciavano la fine imminente, una ricca, articolata e complessa produzione letteraria.
Permettetemi, perciò di ricordare il nome almeno di alcuni di coloro che, operando in un ambiente culturalmente indifferente e talvolta anche ostile, hanno saputo testimoniare il loro amore per la lingua e la cultura grika del Salento: i poeti calimeresi Antonio e Giuseppe Lefons, il sacerdore don Vito Lefons, Giuseppe Aprile, autore del canto “Aremu rindineddha”, considerato l’inno nazionale della Grecìa salentina, Giannino Aprile, Brizio Leonardo Colaci, Luigi Castrignanò, la gentile poetessa Lina Campi Colella, immaturamente scomparsa, gli ellenisti Giuseppe Gabrieli e Pasquale Lefons; il poeta Domenicano Tondi di Zollino, autore di un intero volume di poesie tenere, nostalgiche e appassionate e di un progetto di unificazione fonetica e lessicale delle variazioni locali del nostro griko; il poeta contadino di Sternatìa, Cesare De Santis, che in versi indimenticabili ha saputo esprimere le amarezze della vita e la protesta sociale di coloro che sono stati condannati dalla sorte a conquistarsi il pane quotidiano col duro lavoro dei campi o con l’esilio volontario dell’emigrante.
A Martano vissero ed operarono a sostegno della lingua grika due sacerdoti, i quali, pur essendo originari di altre parti d’Italia, si adoperarono in favore della nostra cultura grika: l’arciprete Cesare Ficile, di famiglia originaria di Napoli, autore di un poemetto in griko in cui prendendo spunto dalla celebrazione ferragostana dell’Assunta, protettrice di Martano, espone una lunga serie di considerazioni morali e di norme di buona condotta nella vita familiare e civile, e il monaco benedettino don Mauro Cassoni, originario della provincia laziale di Frosinone. Egli pubblicò un catechismo e una grammatica del griko e raccolse tra il 1930 e il 1940 un abbondante materiale lessicale e fraseologico in tutta l’area grecofona salentina che ho avuto l’onore di pubblicare recentemente nel vocabolario griko-italiano edito dalla casa editrice Argo di Lecce.
Grandissimo impulso allo studio del griko e del neogreco ha saputo dare il professore Paolo Stomeo, originario di Martano, già citato per aver fatto conoscere e apprezzare la grande opera poetica in griko di Vito Domenico Palumbo. Per sua iniziativa venne istituita presso l’Università di Lecce la cattedra di neogreco mediante la quale si propose di formare i futuri insegnati di griko. Con la collaborazione di studentesse originarie di Sternatia raccolse e pubblicò in un volume di circa 600 pagine i “Racconti inediti di Sternatìa”. Tradusse dal neogreco in italiano l’idillio “Amarillide” del Frosinis e un’antologia di poesie del Kavafis e di altri poeti greci a lui contemporanei.
Ulteriore testimonianza della vitalità della nostra lingua è costituita dalla recente pubblicazione, avvenuta tre anni fa, di due raccolte di poesie in griko realizzate a Corigliano d’Otranto e a Calimera con il contributo di autori viventi.
Un aspetto importantissimo della lotta che conduciamo nel Salento per la conservazione e diffusione della lingua e della cultura greca è costituita dalle iniziative attuate negli ultimi trenta anni per far entrare nelle scuole pubbliche l’insegnamento della nostra lingua. L’impulso iniziale è partito nel 1970 per merito di Paolo Stomeo e di Angelo Cotardo. Il primo aveva raggiunto il grado di ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione, il secondo aveva conseguito la laurea in neogreco presso l’Istituto Orientale di Napoli ed insegnava nella Scuola Elementare di Castrignano dei Greci. Essi, avvalendosi di taluni passi della legislazione scolastica che prevedono la conoscenza dell’ambiente socio-culturale da parte degli alunni, richiesero ed ottennero un’ispezione del Ministero competente per accertare le condizioni favorevoli e avviare l’insegnamento del griko nelle scuole materne ed elementari dei Comuni della Grecia Salentina, in quanto elemento fondamentale di quella realtà socio-culturale. Nasceva così il programma di apprendimento comparato dell’italiano, del griko e del neogreco attuato in molte classi dell’area grika. Si deve soprattutto all’opera appassionata di Angelo Cotardo la
creazione e applicazione puntuale di un metodo plurilingue di apprendimento e di formazione che dopo la prematura scomparsa dell’autore si è convenuto di chiamare “metodo Cotardo”. Esso prevede l’elaborazione di schede in cui l’allievo, combinando l’apprendimento del lessico plurilingue con le sue capacità di espressione figurativa e rappresentazione teatrale, realizza la conoscenza dell’ambiente in cui vive e l’approccio con la realtà quotidiana. Non casualmente, a Castrignano dei Greci, ogni anno scolastico si conclude con una rappresentazione teatrale in cui gli allievi dimostrano i risultati raggiunti ai loro genitori e alle autorità scolastiche.
Nella scuola media statale, nell’ambito della realizzazione del tempo pieno, fu individuata una scorciatoia legislativa, quella delle “libere attività complementari”, che consentì per tutti gli anni ’70 l’insegnamento pomeridiano del griko da parte del personale docente locale privo di cattedra. In questo settore si ottennero risultati lusinghieri soprattutto a Sternatìa, dove alcune insegnanti, ex-allieve universitarie di Paolo Stomeo, seppero condurre un programma di apprendimento del griko accompagnato da una rappresentazione teatrale di fine anno scolastico in cui si evidenziava la realtà plurilingue del nostro territorio in una commedia alternando il griko, il dialetto romanzo e l’italiano. Purtroppo, quando questi docenti ottennero una cattedra stabile, a causa dei procedimenti burocratici delle nomine, furono trasferiti in località lontane dall’area grecofona.
Un altro settore, esterno alle istituzioni, è quello rappresentato da private associazioni e singoli studiosi del griko e del neogreco, che ponevano in termini non solo culturali, ma anche politici il problema della tutela della nostra specificità linguistica. Si costituirono associazioni come quella denominata “Argalìo” di Corigliano d’Otranto che riproponeva in tutto il Salento i nostri canti tradizionali in griko e nel dialetto romanzo; “Chòra-ma” di Sternatìa, che curava corsi di neogreco confrontato col griko; “Glòssa-ma” di Martano, che dedicava gran parte della sua attività all’apprendimento e all’esecuzione durante la Settimana Santa del canto della Passione di Cristo da parte dei giovani; “Ghetonìa” di Calimera, che ha svolto e svolge un’intensa attività soprattutto in campo editoriale; “Vito Domenico Palumbo” di Castrignano dei Greci, dove si pubblicò in ciclostile un periodico dal titolo “Prodzimi”.
Chi vi parla fu uno dei soci fondatori della Confederazione delle Minoranze Linguistiche d’Italia (Confemili), la quale dopo vent’anni di lotte ed agitazioni è riuscita a far approvare nel Dicembre del 1999 dal Parlamento Italiano la legge di riconoscimento delle minoranze linguistiche prive di tutela (greca, albanese, friulana, sarda, catalana, ladina del Trentino, cimbra ed occitana). In tal modo le scuole dei Comuni dell’area grecofona, col consenso dei genitori degli alunni, possono programmare le lezioni di lingua grika ed ottenere dallo Stato apposito finanziamento. Anche la provincia di Lecce, la Regione Puglia e l’Università di Lecce da questa legge sono coinvolte a vario titolo nell’azione di tutela della minoranza grika del Salento.
La Confederazione delle Minoranze Linguistiche d’Italia è una sezione del Bureau for Lesser Used Languages, un organismo dell’Unione Europea che rappresenta, coordina e sostiene le minoranze linguistiche di tutta la Comunità Europea. Esso è nato per l’iniziativa del senatore italiano Gaetano Arfè, deputato al Parlamento Europeo di Strasburgo, il quale sin dal lontano 1973 aveva previsto che le minoranze linguistiche dell’Europa avrebbero potuto svolgere anche il prezioso e insostituibile ruolo di tessuto connettivo tra i popoli dell’Europa separati in passato dai confini degli stati nazionali tante volte, purtroppo, in conflitto tra loro.
Un ruolo importante di sostegno alla nostra lotta è stato svolto in Grecia dallo SFEE (Syndesmos Filon Ellinofonon Exoterikoù), che ha saputo sensibilizzare la stampa, la radio e la televisione greche affinchè informassero l’opinione pubblica in Grecia. E’ un merito storico di quest’Associazione l’averci fatto conoscere i rappresentanti di Enti pubblici, Ministeri, giornali quotidiani e periodici che hanno reso di pubblico dominio i problemi che ci riguardano come minoranza linguistica greca in Italia. E’ grazie alla loro azione se i nostri ragazzi che hanno frequentato i corsi di griko e di neogreco hanno potuto essere ospitati nelle colonie estive e conoscere la Grecia, patria dei nostri antenati; se una consistente corrente turistica proveniente dalla Grecia viene a visitare i nostri paesi e a stringere contatti di amicizia con la nostra gente.
Dopo una ventennale nostra insistenza il Governo greco, superando il rischio di una possibile accusa di intromissione in affari interni allo Stato italiano, ha inviato nel Salento, nel quadro di attività del Sottosegretariato “Apodimou Ellinismoù, 6 insegnanti di neogreco che collaborano con le insegnanti locali di griko. Questo prezioso aiuto coinvolge non solo gli alunni delle scuole elementari e medie, ma anche una parte considerevole di persone adulte che nelle ore serali frequentano le lezioni di neogreco. I corsi hanno la durata di tre anni. La più grande aspirazione di queste persone è la conoscenza della Grecia non come turisti stranieri, ma come amici che desiderano incontrare altri amici. Il comune di Atene ogni anno mette a disposizione un determinato numero di posti di soggiorno nei suoi campeggi di Sant’Andrea dell’Attica nella prima metà di settembre quando vi sono ospitate le persone anziane. Da un paio d’anni anche il sindaco di Rodi, nell’ambito del Festival degli Anziani, accoglie una cinquantina di persone dei nostri paesi alle quali offre l’albergo e la prima colazione: le spese di viaggio sono sostenute dai partecipanti. Non vi dico quanto grande è il loro desiderio di conoscere anche Creta e i Cretesi, che secondo Erodoto sono stati i primi coloni che si sono stabiliti in Italia e nel Salento. La seconda ondata, secondo Polibio, fu quella guidata da Idomeneo.
L’azione di sostegno, che abbiamo condotto e conduciamo per la difesa della nostra lingua e per l’apprendimento del neogreco, incomincia a coinvolgere anche gli abitanti dei comuni più vicini all’area grecofona. Ad esempio, gli abitanti dell’Acaia, frazione del Comune di Vernole, dopo aver stretto un gemellaggio con Kato Achaià, cittadina del Peloponneso, frequentano in numero notevole i corsi di neogreco.
Merita di essere segnalato anche il grande contributo che sta dando ai buoni rapporti di amicizia e di buon vicinato l’Associazione degli Amici della Grecìa Salentina, costituitasi a Giannina circa 6 anni fa. Essa ha promosso la collaborazione tra l’Epiro e il Salento nel campo turistico e culturale favorendo l’accesso all’aiuto economico dell’Unione Europea, previsto dai programmi di collaborazione tra aree transfrontaliere (Interreg. 1 e 2). Ne hanno tratto giovamento l’Amministrazione Provinciale di Lecce e soprattutto i Comuni della Grecìa Salentina che sono stati indotti a costituirsi in Consorzio per il coordinamento della spesa per il restauro di edifici storici e per l’avviamento di un piano di rinascita economica, turistica e culturale. In quest’ambito è stato investito un miliardo e 800 milioni di lire per la formazione professionale di giovani operatori nei vari settori. Quest’anno la Provincia di Lecce e il Consorzio dei Comuni della Grecia Salentina hanno portato a compimento un corso di eccellenza cui hanno partecipato 60 giovani laureati che opereranno nella scuola promuovendo l’apprendimento della lingua e delle tradizioni grike.
In ossequio alle direttive europee è allo studio la trasformazione del Consorzio in Unione dei Comuni della Grecìa Salentina per una gestione coordinata delle risorse e delle iniziative dei singoli Comuni. Quest’operazione potrà dare un fortissimo impulso al consolidamento della minoranza ellenofona come organismo autonomo operante in molti settori della vita associata.
Se la graditissima visita del Presidente della Repubblica Greca, Costantino Stefanopoulos nei paesi greci del Salento, ha ottenuto il successo che tutti in Grecia hanno potuto constatare seguendo i giornali e i programmi della radio e della televisione, ciò è avvenuto anche perché essa era preceduta da tutta l’attività, la passione, l’entusiasmo di tanti nostri conterranei hanno profuso per affermare la nostra grecità.