I colonnelli prendevano il potere ad Atene. Una dittatura destinata a durare fino al 1974

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di  Antonello Sacchetti
“Ankara, Atene, adesso Roma viene”. Era uno degli slogan più scanditi nelle manifestazioni della sinistra extraparlamentare nei primi anni Settanta. Un colpo di Stato da parte dei militari sembrava imminente ed era vivo il ricordo dei due golpe avvenuti in Turchia nel 1960 e in Grecia nel 1967. Dei due avvenimenti, il secondo fu quello più vicino a noi, non solo geograficamente. Le cause dell’instabilità politica italiana erano infatti assai simili a quelle della Grecia.

Figli di Jalta
Gli accordi di Jalta del febbraio 1945 sull’assetto postbellico, non davano alla Grecia un futuro politico chiaro.
Il Paese, occupato militarmente dal 1941 dalle truppe dell’Italia fascista e poi da quelle tedesche, era stato liberato in gran parte dalle truppe dell’Elas, (Esercito Nazionale Popolare di Liberazione) egemonizzato dal KKE (Partito comunista greco). La Grecia rientrava però nella sfera d’influenza occidentale, al “70 per cento”, come suggerito da Churchill a Stalin. Un governo di unità nazionale insediatosi nell’ottobre 1944 dura poco: nel Paese scoppia una guerra civile tra i comunisti, arroccati nel Nord montuoso, e le truppe monarchiche sostenute dalla Gran Bretagna e aiutate da ex collaborazionisti dei nazisti. Gli inglesi si ritirano nel febbraio 1947 e vengono rimpiazzati dagli Usa. Quando nel 1948 Stalin (preoccupato di rompere gli equilibri decisi a Jalta) interrompe gli aiuti ai comunisti greci, l’esito della guerra è segnato. Nel 1949 le ostilità cessano. Il Kke è messo al bando e moltissimi comunisti sono costretti a espatriare. Il bilancio finale della guerra civile è di circa 80mila morti.

L’orgia del potere
Alla guida del Paese si susseguono governi di destra, tutti molto fragili. Un minimo di stabilità viene raggiunto con l’adozione del sistema maggioritario nel 1952. All’inizio degli anni Sessanta la società greca chiede maggiori spazi di libertà civili. Nel 1963 il deputato dell’ Eda (Sinistra Unita Democratica) Grigoris Lambrakis viene ucciso da militanti di destra protetti dalla polizia. Il delitto, raccontato nel 1969 dal film di Costa Gavras Z – L’orgia del potere, provoca un’ondata di proteste che culmina con le dimissioni del premier Konstantinos Karamanlis nel giugno 1963.

Nel novembre seguente le elezioni legislative sono vinte dall’Unione Democratica di Centro con il 42 per cento dei voti e il leader Geórgios Papandréu forma un governo sostenuto dall’Eda. Pochi mesi dopo si dimette per puntare alla maggioranza assoluta, che arriva con le elezioni del febbraio 1964. Il suo governo può contare su 171 seggi su 300.

Ma non basta. L’esercito è attraversato da cospirazioni e il ruolo del giovane re Costantino II, succeduto al padre Paolo morto nel marzo del 1964, è molto ambiguo Comincia subito un confronto serrato con la maggioranza e con Papandreu in particolare. In base alla Costituzione, è il re a nominare il primo ministro e Costantino II usa più volte questo potere per condizionare la politica contro l’Unione di centro. Dopo una serie di governi brevissimi, vengono fissate nuove elezioni per il maggio 1967. Tutto lascia pensare che sarà di nuovo Papandreu a vincere.

Il golpe del 21 aprile 1967

Ma alle elezioni non si arriva nemmeno. Nella notte fra il 20 ed il 21 aprile 1967 un reggimento di paracadutisti guidati dal maggiore Gheorghios Konstantopoulos occupa il ministero della Difesa mentre altre unità  del comandante di brigata Stylianos Pattakos assumono il controllo della radio, del Parlamento e del Palazzo reale. In cinque ore vengono arrestate oltre diecimila persone, tra cui il primo ministro Panagiotis Kannellopoulos. Il golpe è realizzato mettendo in atto “Prometeo”, il piano Nato elaborato per fronteggiare l’eventualità di una “sollevazione comunista”. Il re non è il mandante del golpe, ma collabora con i colonnelli. È lui a nominare primo ministro Constantine Kollias, un magistrato membro dell’Areios Pagos, la corte di giustizia greca. Formalmente, il nuovo governo nasce nella legalità, ma Kolias è un semplice prestanome. A guidare la Grecia è ora Gheorghios Papadopoulos, leader della “Sacra lega degli ufficiali greci” ed ex collaborazionista dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il ruolo della Cia
Ai golpisti viene dato il via libera dalla Cia. In questo modo gli Usa tengono il Mediterraneo orientale al sicuro da “derive comuniste”. La Grecia confina con Paesi del blocco sovietico e la sua fedeltà al Patto Atlantico non può essere messa in discussione. Gli stessi colonnelli greci si riferiranno al golpe come alla rivoluzione necessaria per salvare il Paese dal comunismo. Il termine anarcocomunisti è usato per bollare chiunque sia sospettato di simpatie per la sinistra. Il Paese viene governato a lungo con la legge marziale. Le libertà civili sono abolite e i partiti politici sciolti. Migliaia di prigionieri politici sono condannati da tribunali militari speciali a lunghe pene detentive o all’esilio in isole sperdute. La tortura è applicata in modo sistematico.

I legami col neofascismo italiano
La Grecia è il primo Paese europeo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a passare dalla democrazia alla dittatura. Un’involuzione che mette in allarme molti Paesi, compresa l’Italia. Nel nostro Paese, tuttavia, c’è chi considera l’esperienza greca un modello da importare. La destra neofascista guarda con simpatia il putsch di Atene. Molti personaggi di spicco dell’eversione di destra si recano spesso in Grecia, probabilmente per addestramenti militari. Nell’aprile 1968, per il primo anniversario del golpe, il colonnello Stylianos Pattakos riceve una delegazione italiana composta da membri di Ordine nuovo, Avanguardia nazionale, Europa civiltà e Nuova caravella, l’organizzazione universitaria del Msi. Tra i nomi più celebri, spiccano Pino Rauti, Adriano Tilgher, Mario Merlino e Giulio Maceratini. Sembrano ormai certi contatti tra il governo golpista e ambienti del Sid, i servizi segreti italiani. In molti, da noi, invocano “i colonnelli”, come recita il titolo di una commedia di Mario Monicelli con Ugo Tognazzi (Vogliamo i colonnelli, 1973). I colonnelli non arriveranno, la strategia della tensione sì.

La contromossa del re
Costantino II, consigliato dal presidente Usa Lyndon Johnson, tenta un colpo di forza contro i colonnelli, puntando sul sostegno di una parte delle Forze armate. Ma la mossa non funziona e il 14 dicembre 1967 il re scappa a Roma con la famiglia. Fino all’1 giugno 1973 è ancora ufficialmente re di Grecia, ma rimane in esilio volontario .

Opposizione e dissenso
Oltre alla sinistra, si oppongono al regime dei colonnelli anche i vecchi partiti di centro e gli ambienti economici danneggiati dalla crisi economica che segue il golpe. Tra le varie formazioni, da ricordare il Movimento di Liberazione Panellenico (Pak), Difesa democratica e l’Unione Socialista Democratica. Il 13 agosto 1968 fallisce un attentato a Papadopoulos. L’attentatore Alekos Panagoulis viene catturato e torturato. Il 17 settembre 1968 è condannato a morte ma la condanna non viene eseguita per non alimentare nuove polemiche a livello internazionale. Alla fine della dittatura, Panagoulis sarà liberato e in seguito eletto deputato.

La Grecia diventa una repubblica
Per stroncare le opposizioni e risolvere le controversie istituzionali, Papadopoulos vara una nuova costituzione che abolisce la monarchia e istituisce la repubblica. Un referendum farsa sancisce il cambiamento di ordinamento. L’1 giugno 1973 Papadopoulos  assume la carica di presidente della repubblica. Ma il suo potere è destinato a durare poco.

Il movimento del 1973
Nell’autunno 1973 gli studenti del Politecnico di Atene avviano un movimento di protesta destinato a rivelarsi fatale per i colonnelli. Viene reintrodotta la legge marziale e poco dopo un nuovo golpe militare rovescia Papadopulos e porta al potere il generale Dimitrios Ioannides.

Naufragio su Cipro
Come diversivo alla crisi interna, nel luglio 1974 Ioannides cerca di rovesciare l’arcivescovo Makarios III, presidente di Cipro, attraverso un colpo di stato militare condotto dall’organizzazione filo-ellenica EOKA-B. La Turchia reagisce invadendo il Nord dell’isola (da sempre contesa tra Ankara e Atene) e instaurando un governo filo-turco. Il fallimento dell’operazione è la fine dei colonnelli: la giunta militare si dimette nel 1974 e viene richiamato dall’esilio Karamanlis per affidargli la guida del Paese. Elezioni libere confermarono il governo di Karamanlis. Le elezioni del novembre 1974 sanciscono la vittoria di Nuova democrazia, il partito fondato da Karamanlis. Una nuova Costituzione repubblicana è  approvata nel 1975. La dittatura greca va in archivio.

fonte: www.ilcassetto.it