La lingua fattore portante dell’identità Nazionale

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…Nell’Italia preunitaria, scrittori, politici, patrioti, da Foscolo a Cattaneo e Manzoni, additarono la giustificazione storica
dell’unità e indipendenza dell’Italia nell’esistenza di un’unica lingua nazionale. Ma nel dichiarare speranze e pensieri non
mancarono di sottolineare le difficoltà dovute all’uso allora assai ridotto della lingua.
La scelta del fiorentino scritto trecentesco a lingua che, sostituendo il latino, fosse lingua comune e specificamente propria
dell’Italia si andò affermando già nel secondo Quattrocento nelle nascenti amministrazioni pubbliche dei diversi Stati in cui
il Paese era diviso e si consolidò poi tra i letterati nel XVI secolo quando sempre più spesso la lingua di Dante, Petrarca,
Boccaccio cominciò a dirsi italiano e non più fiorentino o toscano. Ma fuori della Toscana, e con la sola parziale eccezione
della città di Roma, quella scelta restò limitata a esigui ceti colti. Mancarono ancora per secoli quelle condizioni di
unificazione politica, economica e sociale e di sviluppo della scolarità elementare che altrove in Europa portavano i popoli a
convergere verso l’uso effettivo delle rispettive lingue nazionali. Firenze e Roma a parte, l’uso dell’italiano restò riservato a
occasioni più formali e solenni e alle scritture di quell’esigua parte di popolazione che poteva praticarle e leggerle. Negli
anni dell’unificazione abbiamo troppe testimonianze illustri, da Cavour a Francesco De Sanctis e Manzoni, per dubitare delle
stime che fanno ascendere al 2,5% la popolazione (inclusi i toscani e i romani alfabetizzati) in grado di usare attivamente
l’italiano e al 6 o 7% (secondo Giacomo Devoto) o quasi 10% (secondo Arrigo Castellani) la popolazione in grado di
capirlo. E la stima non sorprende: al primo censimento dell’Italia unita il 78% della popolazione risultò totalmente
analfabeta, in quegli anni l’istruzione elementare, dove c’era, garantiva soltanto una sommaria alfabetizzazione e l’istruzione
postelementare, che poteva portare all’uso della lingua italiana, era riservata allo 0,9% delle fasce giovani.

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