Nostos e peripezia nella letteratura greca

Fausto Montana
Università di Pavia (Cremona)

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Temi e motivi avventurosi attraversano quasi tutti i generi della letteratura greca antica, non soltanto quelli che attingono istituzionalmente al mito e alle saghe di viaggi e imprese in Grecia e in regioni estreme del mondo (l’epos, la tragedia, il romanzo), ma anche alcuni filoni o forme della poesia lirica, della storiografia e persino della prosa filosofica. Una ragione di ciò è ravvisabile in due aspetti dell’antropologia greca: la concezione agonistica dell’esistenza e la propensione a leggere e rielaborare la realtà in forma di racconto (mythos). Tra i motivi letterari spicca in questo ambito il nostos, il viaggio di ritorno in patria (il cui archetipo è l’avventurosa navigazione di Odisseo narrata nell’Odissea) che ricorre nella letteratura posteriore, anche in prosa (ad esempio nell’Anabasi di Senofonte). La riflessione criticoletteraria aristotelica sulla forma della tragedia, nella Poetica, perviene a identificare il procedimento narrativo della peripeteia, la peripezia o mutamento imprevisto della situazione presente, che dà nuovo impulso alla vicenda narrata o rappresentata: un meccanismo la cui individuazione risulta particolarmente efficace nell’analisi degli elementi avventurosi dei testi
letterari, dall’epos al dramma al romanzo.
La categoria narrativa dell’avventura, così diffusa e nutrita nella cultura letteraria moderna e contemporanea, fu tutt’altro che ignota agli autori greci dell’antichità. Se, aiutati dall’etimologia, intendiamo per “avventura” il verificarsi di eventi straordinari e inattesi, conditi di emozione e di audacia e inanellati in serie nell’esperienza di un eroico protagonista, probabilmente non riusciamo a individuare alcun genere letterario praticato dai

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